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Ricucire il Mare, di Giovanna Giachetti

Ricucire il Mare, di Giovanna Giachetti

La presentazione dell’opera è il primo appuntamento dell’Horcynus Lab Festival. Tema della sessione di settembre è il cambiamento climatico.

Ha preso il via il 24 settembre la sessione di settembre di Metamorfosil’edizione 2019 dell’Horcynus Festival come sempre organizzato dalla Fondazione di Comunità di Messina e dalla Fondazione Horcynus Orca con la collaborazione dell’Ambasciata di Spagna in Italia – la Spagna è quest’anno il paese ospite del Festival – e la Fondazione con il SUD.

Il primo appuntamento è stato con l’inaugurazione dell’opera dell’artista Giovanna Giachetti, un’installazione e una performance che, attraverso l’interpretazione contemporanea della figura di Penelope, con il suo gesto paziente e infinitamente ripetuto del cucito e del ricamo, si prende cura del mondo e dell’umanità “a rischio” nel transito fra Scilla e Cariddi.

Giovanna Giachetti (La Chaux De Fonds, CH, 1964), italo-francese, è cresciuta in Nigeria ed è diplomata in Scultura presso l’Accademia Albertina di Torino. Attualmente vive tra il capoluogo piemontese e Milano.

La sua ricerca è fortemente influenzata dalla cultura africana. Alle prime terrecotte dipinte succedono installazioni di dischi circolari e personaggi dall’aspetto arcaico e austero in sottile lamiera di ferro battuto, resa viva dalla lavorazione a martello e dai riflessi della patina colorata. Nell’ultimo anno, invece, ha iniziato a ricamare grandi arazzi su piattina di polietilene stabilizzata, un comunissimo telo verde-nero da giardinaggio. L’utilizzo di materiali poveri, portati a nuova dignità, si oppone all’ossessione bulimica per l’apparenza della nostra società. Inoltre, trasportando il pubblico in un territorio di risonanze simboliche, l’artista affronta le sfide del nostro tempo e richiama a un’assunzione di responsabilità.

Il progetto ideato per “Il quinto punto cardinale”, si ispira al mito di Penelope e indaga il tema della drammatica crisi ecologica nella quale tutti siamo coinvolti. Uno dei suoi enormi drappi viene ricamato con un volto che guarda oltre l’osservatore, verso lo Stretto di Messina. Alcuni momenti dell’azione artistica si svolgono in mare, dove Giovanna Giachetti si immerge per lavorare. Come la moglie di Odisseo seduta al telaio cercava di padroneggiare il proprio destino, così lei, coprendo la plastica con i suoi fili, cerca di ricucire il nostro, estinguendo simbolicamente il male compiuto.

L’opera è a tempo indeterminato e non rimarrà a Messina ma viaggerà per il mondo insieme all’autrice: l’intento è sensibilizzare più persone possibili al problema e non potrà avere termine fintanto che perdurerà questo bisogno di consapevolezza. Ognuna delle performances in acqua sarà sempre documentata da un video, che dopo ogni tappa andrà in custodia al MACHO per unirsi a quelli precedenti.

Il valore aggiunto di tale procedere itinerante è un quaderno, come quello esposto nella sala del Museo, sul quale chiunque è invitato a sottoscrivere la propria intenzione di partecipare attivamente alla salvaguardia dell’ambiente.