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Il paradiso degli zoologi

Il paradiso degli zoologi

Una percentuale altissima della flora e della fauna marina presente nel Mar Mediterraneo si può ritrovare e/o attraversa lo Stretto di Messina. Da gennaio 2002 l’area di Capo Peloro, dove sorge il Parco Horcynus Orca gestito dall’omonima Fondazione, insieme ai laghi salmastri di Ganzirri è diventata Riserva Naturale Orientata.
Le peculiarità fisiche dello Stretto non possono non condizionare gli organismi che in esso vivono ed anzi influenzare l’intero assetto biologico dell’ambiente con il risultato di avere a disposizione uno straordinario  ecosistema, unico nel Mediterraneo per biodiversità, biocenosi ed abbondanza di specie. L’inteso idrodinamismo, la bassa temperatura e l’abbondanza di sali di azoto e fosforo trasportati in superficie dalle acque profonde rende disponibile una grande quantità di sostanza organica utilizzata sia dagli organismi pelagici sia, soprattutto, dai popolamenti bentonici costieri. Tutto ciò, insieme ai fenomeni associati, determina un vero e proprio “riarrangiamento ecologico” che, nelle specie a prevalente distribuzione occidentale, tende a simulare una condizione di tipo atlantico. Infatti, numerose specie prettamente atlantiche, come ad esempio le Kelp Forest (o Laminarie), sembrano trovare esclusivo rifugio nello Stretto di Messina, ed il loro numero è largamente sottostimato, come testimoniato dalle segnalazioni che si accompagnano ad ogni nuova indagine intrapresa in quest’area.

Lo Stretto di Messina, in funzione della sua particolare posizione di confine fra i due bacini occidentale e orientale del Mediterraneo, è un eccezionale punto di osservazione per i flussi migratori delle specie che percorrono i due bacini. Infatti nel suo areale convergono o transitano moltissime comunità planctoniche, anche di lontana origine, come testimoniato dalle antiche e recenti segnalazioni di ospiti atlantici come, ad esempio, la Corolla spectabilis. Fra le specie bentoniche, di particolare rilevanza, è la presenza nello Stretto di Messina di Pilumnus inermis, fino ad anni recenti considerato esclusivamente atlantico, che rappresenta una delle specie più rilevanti nell’associazione ad Errina aspera (Idrozoo, unico Stylasteridae del Mediterraneo), noto endemismo dello Stretto di Messina. Tale particolare ambiente è situato nello Stretto a livello della Sella fra 80 e 110 m ed ospita numerosissime altre specie, fra cui l’ofiura Ophiactis balli, i crostacei Parthenope expansa e Portunus pelagicus. Naturalmente grande importanza è da ascrivere anche alle associazioni di Laminariales dello Stretto, che pur se presenti in altre specifiche zone del Mediterraneo, solo in quest’area riescono a formare comunità ben strutturate. Infine, un caso particolare è quello di Albunea carabus che, pur essendo un elemento di origine calda (ospite senegalese) estende il suo areale dal Canale di Sicilia (dove l’influenza atlantica è molto marcata) al bacino occidentale. Questa specie è stata più volte segnalata nello Stretto, ma non ha mai oltrepassato il limite “geografico” e/o “climatico” che delimita, proprio a livello dello Stretto di Messina, i bacini occidentale ed orientale.

Dal punto di vista faunistico lo Stretto di Messina è considerato da sempre il “paradiso degli zoologi”, per l’enorme biodiversità che lo caratterizza. Le specie di invertebrati bentonici sono quelle che destano maggiore interesse. Il fondale è arricchito da una grande varietà di forme e colori date dall’abbondanza di celenterati (attinie, madrepore e coralli).
Ne sono un chiaro esempio le foreste di gorgonie gialle e rosse (Paramuricea clavata) dei fondali di Scilla. Queste, aderendo al substrato, creano un vero e proprio bosco, un ambiente adatto ad ospitare molteplici specie bentoniche.

Per quanto riguarda le specie ittiche, queste sono molto ben rappresentate da cernie, saraghi, dentici, castagnole, ricciole e dagli spettacolari e stagionali Zeus faber (pesce San Pietro), visibili in queste acque e nelle acque del lido di Reggio Calabria, tra gennaio ed aprile, quando la temperatura si mantiene sui 14°C.
Altro elemento peculiare dello Stretto di Messina è la presenza della numerosa e varia fauna batipelagica (comunemente chiamata fauna abissale) che, trasportata in superficie dalla corrente montante, è facilmente reperibile in condizioni ancora vitali nei punti di maggiore turbolenza, o spiaggiata lungo la riva in particolari condizioni meteo-marine, come Chauliodus sloani frequentemente spiaggiato lungo le rive dello Stretto. Se si tiene conto che la gran parte di tali organismi batipelagici vivono dispersi nelle profondità del Mar Mediterraneo (di norma tra i 300 ed i 1000 m) si può facilmente comprendere l’importanza biologica ed ecologica della presenza di grandi quantità di individui di tutte le taglie ed età in acque superficiali. La facile reperibilità di questi pesci dall’aspetto mostruoso, la gran parte dei quali sono dotati di particolari organi luminosi (fotofori), ha richiamato a Messina tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900, studiosi provenienti da tutta l’Europa che, potendo trovare in modo relativamente semplice il materiale per i loro studi, definirono lo Stretto di Messina “il paradiso degli zoologi”.