image/svg+xml

Silence

Silence

Silence (2012), è un documentario con produzione Radical Plans. La regia è di Haider Rashid. Partecipano Tom Donald, Giacomo Farina, Tanino Lazzaro, Giancarlo Parisi, Luca Recupero.

Il musicista e produttore siciliano Giacomo Farina, dopo un anno di pausa dalle percussioni, decide di lanciarsi nuovamente nell’avventura della creazione artistica, dando vita a un progetto insolito e originale. Si tratta del Silence Project, una mescolanza di stili e sonorità differenti, legati dall’idea della mediterraneità. La macchina da presa segue Farina nel suo musicale viaggio siciliano alla ricerca di amici vecchi e nuovi con cui dare vita al progetto, che prende forma e si conclude nella suggestiva cornice estiva di Milazzo con un concerto live all’Horcynus Festival 2011, rassegna culturale dei paesi arabi e del Mediterraneo.

È girato interamente in Sicilia, ma ha un respiro internazionale il documentario diretto da Haider Rashid. Non solo perché uno dei musicisti del Silence Project è un australiano che vive a Londra e non sa una parola di italiano, in mezzo a colleghi che ricorrono spesso al dialetto siculo. Le atmosfere che oltrepassano i confini isolani, e finanche quelli nazionali, sono determinate dalla creazione musicale, che la macchina da presa coglie nel vivo insinuandosi in sala prove, laddove formazioni e suoni diversi trovano l’accordo giusto e si fondono in un unico e prolungato momento di sospensione della razionalità. Perché, come rivela il talentuosissimo pianista australiano Tom Donald, «la creazione musicale sgorga libera quando si abbandona la logica, lo sforzo mentale della composizione, e ci si lascia andare al puro istinto». Da qui deriva la straordinaria capacità improvvisativa dei musicisti (oltre a Donald al piano, ci sono Farina alle percussioni, Giancarlo Parisi alla zampogna siciliana, sax e flauto, Tanino Lazzaro alla fisarmonica e Luca Recupero all’arpa ebraica, marranzano e tamburello).

Virtuosismi corali che esplodono liberi, proprio come la lava dell’Etna, ma che seguono sempre il solco della mediterraneità. La Sicilia, infatti, con la sua posizione al centro del Mediterraneo, non ha mai avuto un unico “padrone”, è sempre stata a disposizione di tutti coloro che vi transitavano, dei viaggiatori del mare, e da qui discende la sua proverbiale ospitalità. Anche la sua musica è il frutto della mescolanza di diversi suoni e colori. «La musica – dice Farina – è il segno lasciato dal passaggio dei viaggiatori». Questa peculiarità siciliana non può che essere una ricchezza: in questo intreccio di storie, stili, popoli, etnie e tradizioni diverse, che è la Sicilia, l’unico ponte di cui si avrebbe bisogno è quello capace di unire le culture. La musica appare allora come il ponte ideale, l’unico grande motivo per rompere il silenzio e irrompere nella quotidianità di tranquilli paesini affacciati sul mare, rendendoli straordinario e silenzioso accompagnamento di un viaggio oltre il tempo e lo spazio. Proprio come sognato da Farina, con questa sua folle idea di creare un suono unico fondendo la musica siciliana, araba, jazz e world music, impiegando gli strumenti della tradizione popolare come ponte tra le culture.

Un progetto pienamente riuscito, di cui il giovane regista riesce e cogliere l’essenza, rispettando senza invadenza i momenti di folgorazione musicale, trascinandoci al centro delle prove o sul palco con la voglia di assistere a questa esperienza dal vivo. Il valore del film sta allora nelle emozioni di una musica a cui le immagini non aggiungono molto, se non per una fotografia che sa come valorizzare l’incanto naturale degli scorci marini dell’isola.”

(dalla recensione di Annalice Furfari su Mymovies.it)